Piano Periferie 2016 e Programmi urbani complessi. Quale futuro?

Il 6 marzo scorso sono stati firmati dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e da ventiquattro sindaci altrettanti accordi per la riqualificazione delle periferie delle relative città capoluogo. Si tratta del cosiddetto “Piano periferie 2016”, che comprende risorse statali per circa 2100 milioni di euro, suddivisi in due tranche. Finanziamenti messi a disposizione dei Comuni vincitori del bando per progetti di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile, nella metà dei casi cofinanziati da investitori privati. Questi programmi comprendono interventi strutturali e interventi edilizi diffusi, ad esempio su aree e opere pubbliche incompiute, e progetti finalizzati alla riduzione del degrado e al potenziamento dell’inclusione sociale nelle zone marginali urbane.

Il “Piano periferie 2016” non è una novità urbanistica, rientrando a pieno titolo nei “programmi urbani complessi” già attuati da oltre vent’anni. Questi sono programmi di riqualificazione urbana che prevedono interventi strategici di trasformazione volti al recupero ambientale, funzionale, infrastrutturale e edilizio attraverso risorse pubbliche integrate dal finanziamento privato.

I “programmi urbani complessi” nascevano con la Legge 179/92 e prevedevano i “Programmi Integrati di Intervento” e i “Programmi di Riqualificazione Urbana”.  I primi comprendevano anche la realizzazione di opere di urbanizzazione e di infrastrutture oltre che la riqualificazione urbanistica ed edilizia delle aree periferiche degradate; i secondi riguardavano soprattutto il recupero dei centri storici e delle aree urbane dismesse.  Poi con la Legge 493/1993 si introducevano i “Programmi di Recupero Urbano” riguardanti soprattutto l’edilizia residenziale pubblica. Con il DM Lavori pubblici 1169/1998 si attuavano i “Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio” inerenti più all’ampliamento infrastrutturale, al tessuto economico, occupazionale e alla protezione ambientale. Nel 1998 e nel 2001 nascevano i Contratti di Quartiere I e II, cioè programmi di recupero edilizio in aree urbane periferiche con finalità d’inclusione sociale e di potenziamento dei servizi. Più recentemente nel 2012 veniva attuato il “Piano Città” per il risanamento urbano in 28 comuni con una spesa pubblica di 318 milioni di euro.

Poche settimane fa Roberto Morassut, vicepresidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulla sicurezza e sul degrado pubblico, assieme al presidente dell’Ance Gabriele Buia, lamentava la mancanza di una legge quadro per gli investimenti nelle periferie e la frammentarietà degli interventi dovuti proprio a norme urbanistiche specifiche discontinue. La commissione d’inchiesta, resa necessaria per la perseverante condizione di degrado delle periferie e soprattutto dalla radicata presenza della criminalità, sottolinea la necessità di attuare non solo un “programma urbano complesso”; mentre la richiesta di chi investe sulle periferie è quella di agevolazioni e di convenienza della riqualificazione edilizia da un punto di vista fiscale e procedurale.

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