Progettualità territoriale. Imparare dai “non luoghi”.

Sebbene abbia criticato ampiamente la produzione moderna dei non luoghi e descritto brevemente il modello teorico americano per eccellenza della finzione e di non luogo, l’Urban Entertainment Center, ritengo che la pratica progettuale urbanistica debba comunque andare al di là della teoria e individuare le positività e le negatività di ciascuna posizione sia politica che tecnologica.

Sicuramente la prima nota positiva degli UEC fu di trasformare il degrado urbano in una fonte d’attrazione e di svago per la maggioranza delle classi sociali. Tuttavia comunque usufruire dei servizi significava pagare e quindi limitare di conseguenza l’accesso alle classi sociali più povere. Diventarono a tutti gli effetti luoghi sociali, sebbene finti, attraendo i finanziamenti, cambiando positivamente l’immagine urbana. Oltretutto non si poteva sottovalutare l’ampia offerta di attrazioni durante tutto l’anno e la tecnologia architettonica, molto attenta al fattore energetico, idrologico, agli accessi pedonali e al minimo impatto delle automobili con l’ambiente circostante. Parlare di non luoghi e di rifiuto di questi risulta facile in scala urbana. Le città moderne ne sono ricche: dai centri attivi e finti, dalle fermate dei tram alle stazioni ferroviarie, alle periferie distanti chilometri da queste, abbandonate a se stesse, senza identità e punti di riferimento. Forse non ci si è resi conto che i non luoghi sono più ampi di quel che si vede, si allargano ad interi quartieri, interi territori, interi paesaggi dispersi e diffusi, dove non è possibile l’interazione e lo scambio risulta difficile. Come recuperarlo allora?

Parlare di non luoghi non significa però solo parlare dei luoghi di passaggio, dei luoghi di nessuno e dove nessuno vi abita, ma significa essere consapevoli della mancanza di relazione tra gli individui e quelli stessi spazi.

Ritengo che il concetto di non luogo possa essere allargato includendo appunto territori e spazi che l’individuo rifiuta e in cui non si riconosce. Spesso non ci si rende conto che questo concetto va al di là delle zone imposte dalla modernità, le cosiddette zone del movimento, ma è un concetto che si installa soprattutto nelle zone marginali e periferiche, dove proprio le distanze e la mancanza di punti di riferimento fanno da padrone, nella terra di nessuno.

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